A quasi dieci anni esatti dall'assassinio di Anna Politkovskaja, ritorna sulle scene il testo che racconta la straordinaria vicenda di una giornalista tenace e coraggiosa.
Il 7 ottobre 2006 a Mosca quattro colpi di arma da fuoco pongono fine alla vita di Anna Politkovskaja, giornalista del quotidiano liberale Novaja Gazeta e voce apertamente critica nei confronti del governo. Il suo omicidio sembra distruggere l'llusione che, dopo il crollo del regime sovietico, l'alba della democrazia stesse finalmente illuminando la Russia.
Tuttavia Donna non rieducabile, scritto da Stefano Massini un anno dopo l'assassinio, non cerca di fare di Anna un'eroina, una martire politica, bensì di restituirle il ruolo che lei stessa si era creata: quello di giornalista. A dare volto e soprattutto voce alla Politkovskaja è Ottavia Piccolo, in scena al Teatro Carcano di Milano dal 13 ottobre, che torna ad interpretare lo smarrimento, la dignità e lo straordinario coraggio di una donna uccisa, prima ancora che da un proiettile, dalla desolante solitudine che l'aveva circondata, quasi soffocandola.
Basato su appunti autobiografici e articoli della giornalista, il testo mette in scena frammenti, istantanee della realtà che Anna desiderava ardentemente testimoniare, lucidamente consapevole della missione di verità che aveva abbracciato.
La regia di Silvano Piccardi conduce lo spettatore in un percorso che non mostra la realtà raccontata dalla Politkovskaja, bensì la vede attraverso i suoi occhi, in una serie di quadri che catapultano lo spettatore nella vita e nella professione della giornalista. Nella Cecenia e nella Russia post-comunista, lo sguardo di Anna non si ritrae mai dalla realtà che intende raccontare, consapevole che il mestiere che ha scelto ha fatto di lei uno strumento di verità, fino a renderla una “donna non rieducabile”, agghiacciante etichetta che le viene imposta dalle autorità russe.
Ad accompagnare Ottavia Piccolo sul palcoscenico vi è la musica dal vivo dell'arpa di Floraleda Sacchi, che si trasforma volta per volta nel rumore lontano della guerra, nell'inno russo, suoni di quel mondo sul quale Anna Politkovskaja aveva scelto di posare il suo sguardo limpido di donna e di giornalista. Quello sguardo che verrà spento per sempre nell'androne di un palazzo moscovita da quattro colpi di pistola.
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